10.10.08

La diga delle lacrime

Non mi era mai capitato prima.. forse perchè non mi ero mai trovata nella situazione di provare un dolore così forte: di quelli che ti tolgono il fiato, ti straziano dentro, ti lasciano senza un appiglio, come un disperato in mezzo all'oceano. Piangi, vorresti urlare, se solo la buona creanza lo permettesse. Ti rendi conto che è l'unico strumento a tua disposizione per lenire il dolore, al momento: piangere. Non puoi, non riesci a fare altro.
Poi ti riprendi, respiri profondamente, assapori per un poco quella sensazione di svuotamento.. Per un po' dura, ti dà il tempo di riprenderti, di occuparti del dolore altrui, di rimettere ordine nei pensieri e tornare lucida. Poi l sguardo cade, autolesionista, su una foto, una dedica, e rinizi a piangere
E vai avanti di questo andazzo, ora dopo ora, giorno dopo giorno.

Poi, il blocco. Dopo quattro o cinque giorni in cui mi sono crogiolata, mi sono quasi beata del mio dolore, vi ho scavato un conca che si adattasse perfettamente alla mia forma.. dopo aver trovato un mio equilibrio nel mio dolore, il blocco.

E ora non so che fare. Perchè le lacrime non escono più, perchè non sento più arrivare dal mio cuore lo stimolo ad urlare. Non sento lo strazio, come se una placenta invisibile lo tenesse bloccato all'altezza del mio stomaco, senza darmi modo di sfogarlo ancora. E vorrei, perchè lo sento fermo lì, ed è fastidioso, è fuori luogo, non mi dà modo di stare bene.
Almeno, non realmente. E' una calma apparente, una tranquillità fittizia, nata dalla necessità di tornare alla routine, di sopravvivere, pantomima del vivere di prima. Anche se la cosa mi fa sentire sporca, misera, irrispettosa verso ciò che fino ad una settimana fa non mi faceva prendere sonno di notte, che popolava i miei dormiveglia. Il primo pensiero quando aprivo gli occhi, l'ultimo quando provavo a chiuderli. E costante, nell'arco dell'intera giornata.
Dov'è, ora, tutto quel dolore? Perchè lo nego a me stessa, in un processo istintivo di autodifesa che, lo so già, mi porterà solo ad un vicolo cieco?
Perchè il dolore non lascia scampo. C'è. E se sembra scomparso, in realtà si cela nella meschinità della pavida quotidianità, nel "tirare avanti"..
Mi aspetta al varco, lo so già, ma ora come ora non credo di poter fare altro che camminare.
E quando arriverò al varco, beh.. forse, piangerò. Di nuovo. Finalmente.

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