26.5.08

La fede che rende ciechi

Fin da bambina sono sempre stata “educata” ad una “cultura cristiana”: sono stata battezzata, ho fatto la comunione, la cresima, ecc ecc. Fin qui, tutto ok. E’ da qualche anno, però, che, com’è naturale, il mio cervello ha iniziato a lavorare autonomamente, pensando a cosa volesse dire REALMENTE essere cristiana…e sono iniziati a sorgere i dubbi. Chiariamo: io sono convinta che ci sia un Dio da qualche parte. Quella che intendo fare non è una “critica alla metafisica” (come direbbe la mia prof di filosofia): ciò che non riesco a mandar giù della religione è la sua istituzionalizzazione in un organismo, la Chiesa, che, a mio parere, dovrebbe rappresentare, se non proprio un modello, perlomeno il tentativo di realizzare concretamente l’ideale cristiano. Purtroppo, questa mia ingenua visione si è ultimamente scontrata con la Fede, cieca ed incondizionata: in un dibattito riguardo alla corruzione della Chiesa e alla sua incapacità di ammettere sinceramente i propri errori, passati e presenti (in particolare, lo scandalo dei preti pedofili), ho scoperto che alla Chiesa si perdona tutto, per così dire: essa, infatti, è composta da uomini qualunque, uguali uguali a tutti gli altri, e come tutti gli uomini, peccano. Benissimo. Ma la cosa inizia a diventare poco tollerabile quando, con questo ragionamento, si tenta di giustificare la corruzione che coinvolge una parte (e sottolineo, una parte) della Chiesa, adducendo come scusante l’idea che il clero è solo il portatore di un messaggio, un misero contenitore: quello che importa è il contenuto, la Verità. Essa non viene minimamente scalfita se il contenitore è un tantino (cito testualmente) “marcio”. Esempio esplicativo: una regola di matematica non è messa in dubbio se il prof te la spiega male; essa è certa, impermeabile ad agenti esterni. Ma qui non stiamo parlando di somma&differenza, bensì di valori, di morale religiosa: come faccio a dare ascolto, a confessarmi, a ricevere il corpo di Cristo da una persona che lo dovrebbe incarnare e che invece, a volte, ne tradisce le leggi fondamentali? Ma il Cieco Credente mi risponde: “E chi te l’ha detto che sono cose vere? Che reportage e articoli giornalistici non siano solo montature? Che il diario di un prete pedofilo che elenca le tecniche per adescare un bambino corrisponda a verità? NON TI FAI PROPRIO SFIORARE DAL DUBBIO?”. Tento allora di attaccarmi a cose di un qualche valore, come processi, testimonianze, CONFESSIONI. Ma niente, non c’è verso: il Cieco Credente fa crollare ogni mia obiezione con la sola forza della sua indiscutibile fede.
E così arriviamo alla morale della favola: va benissimo credere, in qualunque religione e divinità si voglia credere; è un diritto professare la propria fede ed esercitarne il culto.
Ma è giusto abolire la propria AUTONOMA coscienza e sostituirla pari pari con la visione che la Chiesa ti impone? La fede vuol dire veramente perdere la propria capacità di giudicare le cose per come sono, oggettivamente? Criticare la Chiesa, o parte di essa, non vuol dire negarne il messaggio religioso, tutt’altro: attraverso una visione più aperta e critica, anzi, la nostra fede può uscirne migliorata, più profonda. Ed il Credente, da Cieco, diventerebbe Convinto.

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